Partendo dall’ultima partita, la fragorosa debacle contro l’Atalanta, e facendo un rapido riepilogo, è possibile stabilire i principali errori che hanno caratterizzato questa stagione (ma non solo!) e che probabilmente pesano tanto, così tanto da non permettere mai una reale qualificazione alla Champions League.

E’ vero che la Lazio ha fallito il match point con i bergamaschi, ma è vero anche molti errori sono stati commessi ben prima di questa  sfida.

1.  LAZIO – ATALANTA: FAR GIOCARE WALLACE
Mi dispiace a livello umano per il giocatore, ma temo di non dire un’eresia nell’affermare che si tratta di un giocatore compromesso, sotto qualsiasi punto di vista. A livello sportivo non è mai stato un grande giocatore, non è stato acquistato a decine e decine di milioni di euro, non ha mai offerto prestazioni da top player. Durante questa stagione poi ha raggiunto l’apice di tanti e troppi limiti tecnici che gli hanno fatto commettere valanghe di errori. 
Purtroppo per ogni suo errore ne è scaturita una rete subita, e quest’anno il conto è davvero impietoso. Non importa se in allenamento ci mette buona volontà, il giocatore era compromesso già da mesi anche a livello psicologico, e farlo giocare è stato un errore imperdonabile.

2. LAZIO – ATALANTA: NON SOSTITUIRE WALLACE
Questione di lungimiranza. Una volta presa l’infelice decisione di schierarlo titolare, dopo appena 45 minuti era chiaro a tutti che il giocatore stava soffrendo maledettamente i peggiori mali psicologici e fisici ipotizzabili. Aveva già regalato il pareggio all’Atalanta ed aveva già mostrato i primi segnali di un crollo che sarebbe poi effettivamente presto avvenuto. Questo errore, il non sostituirlo, si è verificato ben due volte nella stessa partita: il primo all’intervallo, ed il secondo a giochi ormai fatti. Con ben due assist agli avversari ed un autogol, Wallace è stato prevedibilmente distrutto da una tifoseria che non gli perdona ormai più nulla.
I fischi dello stadio verso di lui superavano il volume della telecronaca Sky. Lasciarlo in campo in queste condizioni non ha alcun senso, è servito solo ad umiliare definitivamente un giocatore che fin lì aveva fallito a livello sportivo, aggiungendogli una dose importante di problemi psicologici. 

3. IMMOBILE SI E CAICEDO NO
Non ne farò una questione personale, mi affido ai numeri: Ciro Immobile non segna su azione da più di tre mesi. Al di là di una perduta vena realizzativa, le prestazioni di Immobile appaiono da svariato tempo opache, stanche e senza alcuna lode. Ha sfornato diversi assist, è vero, ma da lui ci si aspettano anche e soprattutto i gol e Ciro sembra aver sviluppato un’allergia che non conosce antistaminico. Di possibilità gliene sono state date davvero a decine e le ha fallite proprio tutte. D’altro canto c’era un Caicedo che pur non essendo un fenomeno ha saputo farsi trovare pronto, scalpitante, energico.
Quando chiamato in causa ha risposto presente, ha segnato con regolarità, ha fornito prove convincenti di sacrificio e dedizione, ed avrebbe meritato più rispetto. Si è accontentato di scampoli di partita, presenze da subentrato o sostituito, è sempre rimasto al secondo posto in delle gerarchie oramai incomprensibili per chiunque e che hanno portato ad un inevitabile fallimento sportivo.

4. CHI METTE LA FACCIA DAVANTI AI MICROFONI ?
Ormai possiamo già azzardare dei nomi ricorrenti: prima di una partita (ma nemmeno sempre) parla Igli Tare. Giusto il tempo di lamentarsi di qualcosa o sognare dei risultati sportivi irraggiungibili con la squadra che non ha saputo costruire. Quello che succede dopo dipende dall’esito della partita: se si vince può parlare chiunque, ma se si perde parola ai senatori, anzi al senatore Marco Parolo. Sono ormai più volte che dopo una disfatta l’unico a metterci la faccia è stato un Parolo ingiustamente messo fuori dagli undici titolari. Marco Parolo è veramente il meno colpevole di tutta questa situazione.
Sfavorito per premiare il non impegno di Luis Alberto, Correa, Milinkovic e Immobile, Marco non si è mai lamentato, ha accettato la panchina e lo ha fatto da vero laziale. Quando subentrato ci ha messo l’anima, e se la Lazio perde l’unico a prendersi le responsabilità è sempre lui. Troppo facile cara dirigenza, non è certo Marco Parolo che dovrebbe subire tutto questo. Dov’è Tare? Dov’è Lotito? De Martino? Qualcuno che abbia il coraggio di ammettere che ha sbagliato?

5. STAMPA E MEDIA
Era appena iniziato Dicembre dello scorso anno. Tare e Lotito in una conferenza stampa dissero che l’obiettivo stagionale era il quarto posto, paragonando la Lazio alla ormai famosa Ferrari ingolfata. Più o meno contemporaneamente Simone Inzaghi rilasciava tutt’altre dichiarazioni, sostenendo che la Lazio per arrivare quarta avrebbe dovuto fare un autentico miracolo, e sempre nella speranza che contemporaneamente fallisse qualcuna delle avversarie.
Il giorno dopo l’edizione romana del Corriere titolava più o meno: “Simone, ma ci credi o no?” come se a mentire il giorno prima fosse stato Inzaghi e non Tare e Lotito. L’operato di questa società sembra non essere mai minimamente messo in discussione, e questo è probabilmente il più grande limite in cui ci potremmo trovare. Senza una reale presa di coscienza, non si andrà mai avanti.

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